Si sa che a ripetere mille volte una cosa falsa,
diventa vera e proprio questo è il caso. Per smontare la
bufala abbiamo bisogno di andare per gradi. Tutto inizia con il ddl Fedeli, che
ho sottoscritto con convinzione. Esso richiede semplicemente che nelle scuole
di ogni ordine e grado venga inserita l’educazione
alla parità
di genere e della prospettiva di genere
sulla scia dei gender studies che dagli anni ’50
si sono affermati. Il testo è molto breve e lo potete
leggere su questo link. In
particolare è
stato in parte assorbito dall’art. 1 comma 16 del Maxiemendamento di cui riporto il
testo:
“16.
Il piano triennale dell’offerta
formativa assicura l’attuazione
dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e
grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di
genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli
studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del
decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge
15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all’articolo 5-bis, comma 1,
primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013.”
Per
chiarezza espositiva sottolineo che il Maxiemendamento ha UN
SOLO articolo. Spesso si sente parlare di
art. 16 e questo, di per sé, credo sia spia di
quanta poca attenzione è messa nello studio del testo di legge. E’ evidente
a tutti che non vi è alcuna introduzione di qualsivoglia teoria
gender. Può essere utile sapere che questo è l’unico
punto in cui è riportata la parola “genere” in
tutta la legge e che essa non è isolata
ma ricompresa nella locuzione “violenza
di genere”. Noi tutti sappiamo bene cosa si intende per violenza
di genere. L’art. 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, è invece
il seguente:
“2. Il
Piano persegue le seguenti finalità:
- prevenire
il fenomeno della violenza contro le donne attraverso l’informazione e la sensibilizzazione
della collettività,
rafforzando la consapevolezza degli uomini e ragazzi nel processo
di eliminazione della violenza contro le donne;
-
promuovere l’educazione
alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere
nell’ambito dei programmi
scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di sensibilizzare,
informare, formare gli studenti e prevenire la violenza nei confronti delle donne
e la discriminazione di genere, anche attraverso un’adeguata valorizzazione della tematica nei
libri di testo;
-
potenziare le forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e
ai loro figli attraverso il rafforzamento della rete dei servizi territoriali,
dei centri antiviolenza e dei servizi
di assistenza alle donne vittime di violenza;
garantire
la formazione di tutte le professionalità che
entrano in contatto con la violenza di genere e lo stalking;
-
accrescere la protezione delle vittime attraverso un rafforzamento della
collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte;
prevedere
una raccolta strutturata dei dati del fenomeno, anche attraverso il coordinamento
delle banche dati già esistenti;
- prevedere specifiche
azioni positive che tengano anche conto delle competenze delle Amministrazioni
impegnate nella prevenzione, nel contrasto e nel sostegno delle vittime di
violenza di genere e di stalking;”
Mi
sembra che ci sia poco da spiegare se mai ci fossero stati dubbi. E’ bene
qui fare una piccola parentesi. In alcuni testi che ho letto si dice che il
comma 16 ricomprende la legge 93 (o
119 nel caso si riferiscano alla conversione in legge), ma ciò non è vero. Il
legislatore ha scritto esplicitamente che si riferisce all’articolo
5, comma 2 e nient’altro. Non avrebbe senso farlo in effetti, visto che il 93/2013 si
riferisce, oltre che alla violenza di genere,
anche alla protezione civile e al commissariamento delle province. E’ bene
sottolineare, ironicamente, che non intendiamo imporre nei programmi scolastici
corsi di “commissariamento delle province”.
I
testi di legge quindi, di per sé, spiegano tutto, ma si
insinua continuamente che la teoria gender è inserita
con cavalli di Troia difficili da vedere, ma che si possono leggere tra le
righe. Ho discusso, sui social o via mail, con persone che riportano questa
tesi, nessuno ha saputo spiegarmi dove sarebbero questi cavalli di Troia, ma
piuttosto si sono riferiti a episodi capitati in Germania o in Francia oppure,
per esempio a “Il gioco del rispetto” delle
scuole di Trieste. Ebbene ho voluto informarmi su questo gioco che i giornali hanno
dipinto come pornografico in cui i bambini sono invitati a “toccarsi” l’un
con l’altra. Sorpresa! Nulla di tutto ciò. Ho
fatto il lavoro che avrebbero dovuto fare quei giornalisti, ovvero leggermi le
regole del gioco e ho scoperto che si tratta principalmente
di un memory in cui i bambini devono associare, per
esempio, la carta del maestro a quella della maestra, o quella del dottore a
quella della dottoressa. Altri giochi previsti hanno più o
meno sempre lo stesso tema. Il gioco più incriminato
invita i bambini a scoprire il proprio corpo sentendo il cuore o i polmoni
durante una fase di riposo e una fase di attività fisica.
I polmoni e il cuore!! Sempre lo stesso gioco
prevede che i bambini possano sentirsi a vicenda sempre
il cuore e il respiro, con il regolamento che suggerisce fortemente l’uso
di uno stetoscopio. In questo modo i bambini imparano che i corpi dei maschietti e
delle femminucce funzionano allo stesso modo nonostante le differenze. Chi ha
inventato il gioco scrive che, in questa fase, possono
nascere DAI BAMBINI domande sulle differenze fisiche, anche riguardanti i
genitali e prescrive agli insegnanti di spiegare bene cosa siano
nominando gli organi genitali senza timore. I bambini sono curiosi di conoscere
ed è il tabù della
società che fa sì che i
genitali diventino una parte scabrosa di cui vergognarsi, non la natura in sé. In
tutto questo mi chiedo dove sia la pornografia. A questo link comunque potete leggere
il regolamento completo del gioco, per smontare definitivamente ogni bufala sul
tema.
Ne
abbiamo lette di tutti i colori in questi giorni, tra cui quella che le
direttive OMS vorrebbero che si insegnasse la masturbazione e la pornografia a
scuola. Ovviamente non è così,
sembra quasi pleonastico dirlo. Il documento OMS sull’educazione
sessuale e affettiva è facilmente reperibile e lo potete leggere per
intero a questo link. Si capisce fin dall’inizio
che il documento parte dall’osservazione
della sfera sessuale e affettiva dei bambini per fornire agli educatori i
metodi migliori per affrontare le fasi di crescita. Credo
che sia oggettivamente vero che un’educazione
sessuale ed affettiva, ovviamente dimensionata
sull’età, sia fondamentale fin dalla più tenera
età e aggiungo che in questo campo la Buona
Scuola è addirittura troppo conservativa. Per assurdo,
una delle tesi dei no-gender, per cui il nostro sesso è ben
definito fin dal concepimento (cosa che ovviamente nessuno si è mai
sognato di negare), è comune con con i principi dell’OMS
che sottolinea come il sesso e l’identità di
genere si sviluppino fin dai primissimi anni durante il processo di socializzazione
primaria. Sarebbe troppo lungo analizzare qui il documento OMS, ma possiamo
pensare di farlo assieme dividendoci il lavoro. Solo per fare un piccolo
esempio, mi limito a segnalare che con la famigerata “masturbazione
precoce” si intende semplicemente il processo
naturale con cui il bambino toccandosi scopre il proprio corpo e scopre che
alcune zone creano piacere. La “masturbazione
precoce” non si può insegnare,
avviene naturalmente nel bambino e le indicazioni OMS servono ad aiutare
genitori ed educatori ad affrontare in modo
positivo questa fase di crescita. Quando ci si ferma alle parole senza voler
capire, si creano dei mostri.
Detto
tutto ciò, voglio darvi altri contributi che affronterò velocemente
e la cui lettura spero possa esservi utile. Non ho volutamente detto all’inizio
che la teoria gender non esiste, ma esistono i gender
studies e che nessuno nega la differenza biologica tra uomo e donna,
ma secondo una letteratura sociologica consolidata (tra l’altro
non solo di ispirazione gender) i concetti di mascolinità e di
femminilità sono culturalmente indotti. Ovvero la natura ci
dice se siamo maschi e femmine, ma il cosa vuole dire
essere maschi o essere femmina è costruito
culturalmente. In questo articolo
della bioeticista Chiara Lalli trovate
una ricostruzione molto ben appropriata del tema. E’ bene
qui sottolineare come molte volete vengano esposti, a riprova della malvagità della
teoria gender, esperimenti bestiali svolti negli Stati Uniti o in altri paese.
Oltre ad invitare a verificare sempre che queste storie
siano vere, credo che in certi casi la risposta sia molto semplice. Sulla
scia di tante ottime idee si sono creati mostri, i gender studies non sono
diversi. Sono un’ottima idea, che ha contribuito all’emancipazione
della donna e degli omosessuali, ma anche al vivere meglio la propria sessualità per
tutti. Ciò detto sono esistite persone che hanno voluto
portare all’estremo il concetto, deformandolo e finendo per portare avanti
teorie ed esperimenti mostruosi. Lo sviluppo scientifico e tecnico migliora la
nostra vita, ma porta anche alla costruzione di armi sempre più terribili,
le religioni sono sempre intrise di messaggi
di pace, ma nella storia e ancora oggi sono utilizzate per giustificare le
peggiori atrocità. Quindi sì, anche i gender studies sono utilizzati per inseguire sogni
folli e crudeli, ma ciò non li rende negativi. I crimini commessi in
nome di questa o di altre idee, vanno perseguiti
e MAI giustificati.
Va
infine riconosciuto che anche il mondo cattolico si sta muovendo per smontare
la bufala. Una tendenza dei movimenti ultracattolici è proprio
quella di volersi mostrare come gli unici rappresentanti di noi cattolici. Io a
questo mi ribello con forza! Per questo motivo vi inoltro anche questo testo del
teologo Christian Albini che parla di come invece i
gender studies sono un’occasione da non perdere
per il cristianesimo, o questa lettera di
madri cattoliche alle associazioni della Diocesi di Parma. E’ bene
sapere che vi sono tante persone che stanno cercando di informarsi, leggere e
capire e che assieme a loro possiamo
costruire un messaggio corretto che informi le famiglie di quale trappola è tesa
loro da chi, col pretesto di difendere i loro figli, vuole solo creare
allarmismi su cui pontificare.
Laura Puppato